Per il mio ritorno nella rete, un post leggero leggero.
Le emozioni sono da sempre uno degli argomenti della psicologia, anche di quella non di stampo dinamico: cosa sono? come le proviamo? perchè?
A proposito della terza domanda siamo quasi tutti concordi: le emozioni esistono perchè portano un vantaggio evoluzionistico, sono insomma qualcosa che aiuta la sopravvivenza dell' individuo e della specie, e per questo la natura le ha "selezionate". Questa visione ci viene dal vecchio zio Darwin, dio l' abbia in gloria ora e sempre: la paura ci rende più propensi a difenderci da un pericolo (ogni specie con la sua particolare modalità), il disgusto ci avverte che qualcosa non è buono da mangiare o da bere, l' affetto quando siamo "cuccioli" ci permette di rimanere vicini ai nostri genitori che si occupano dei nostri bisogni di protezione e cura and so on and on.
Anche sul cosa sono la definizione può essere condivisa, più o meno, da tutti coloro che si occupano dello studio del comportamento e, nel caso degli uomini, della psiche: sono modificazioni del tono nervoso, accompagnate da tutta una serie di modificazioni vegetative e ormonali, le stesse che, come si diceva prima, sono utili ad affrontare gli eventi che causano le emozioni stesse. Nel caso degli uomini, ovvio, vi è anche il sentimento, ovvero la controparte psicologica conscia del fatto di star provando quella data emozione.
Ora è proprio sul "come" si genera questo sentimento che cominciano i guai.
Le prime due teorie (in ordine cronologico) sono secondo me le più affascinanti, seguite da una terza che è, a mio avviso, la più convincente.
La prima sostiene, in parole povere, che non tremiamo, siamo irrigiditi ed abbiamo la pelle d' oca perchè abbiamo paura, ma abbiamo paura perchè siamo irrigiditi, tremiamo ed abbiamola pelle d' oca, ovvero il nostro cervello leggerebbe lo stato di attivazione autonomica del nostro organsimo e, rilevati determinati segni, ci segnalerebbe che abbiamo paura.
Il problema di questa teoria è che un sacco di emozioni diverse portano più o meno alle stesse forme di attivazione (per dire uno potrebbe avere "brividi di piacere", o avere il battito cardiaco accelerato perchè ha visto la ragazza che gli piace, e non perchè ha paura).
La seconda teoria conosciuta come "teoria centrale", dice invece che le emozioni scattano nel momento in cui determinati centri nervosi (per esempio nell' ipotalamo) vengono stimolati a dovere: si è visto efettivamente come se a dei gatti viene stimolata elettricamente una certa area dell' ipotalamo, questi presentano tutti i comportamenti tipici di una reazione predatoria, verso un animale inesistente.
Il problema di questa teoria è che, per esempio, la rabbia dei gatti in questione è una "rabbia fredda", ovvero cessa nel momento stesso della stimolazione, non lasciando alcuno strascico di attivazione, cosa che invece farebbe una reazione predatoria di fronte ad una preda reale; non solo, è stato dimostrato a più riprese che effettivamente dei segnali periferici possono modificare le emozioni provate ed in genere il tono dell' umore: la vecchia storia che atteggiando la faccia ad un sorriso dopo un po ci si sentirà più allegri non è del tutto infondata, è come se il cervello "leggesse" le contrazioni dei muscoli deputati alla mimica e dicesse "bè...se sto sorridendo, qualche cazzo di motivo ci sarà!".
Come sempre accade (e lo dice anche Casini) la verità sta nel mezzo, e questo mezzo potrebbe essere considerata la teoria detta "dell' etichetta cognitiva": la qualità dell' emozione che proviamo sarebbe dovuta ad una rilettura cognitiva che diamo del nostro stato di attivazione autonomica in relazione a cosa l' ha causato (badate bene che comunque in questa teoria l attivazione è precedente all' emozione): tremiamo, perchè? Davanti a me c è un serpente=paura, oppure la mia ragazza mi bacia il collo (che ci posso fare, è una fissa...)=piacere.
Mi sembra chiaro no? Forse un classico esperimento può rendere meglio l' idea: a due gruppi di soggetti viene iniettata dell' adrenalina, uno dei tre gruppi viene avvertito del fatto che gli si sta somministrando adrenalina, e che alcuni degli effetti di tale iniezione saranno tremori, rigidità muscolare, battito cardiaco accelerato ecc., all altro gruppo viene detto che quel farmaco è un tonico e buona notte al secchio. Dopodichè entrambi i gruppi vengono sottoposti a delle prove del tutto inutili, ma in un caso sono lodati per il loro lavoro, nell' altro lo sperimentatore assume un atteggiamento moderatamente oppositivo. Indovinate cosa succede? Il gruppo degli "informati", in seguito, non riporta alcun cambiamento nel tono dell' umore, ne nel caso delle lodi, ne nel caso della frustrazione, mentre i "disinformati" mostrano, ed in seguito riportano, forti sentimenti euforici nel caso delle lodi e aggressività e rabbia nel caso dello sperimentatore "fafocchio". Cosa è successo?
E' successo che i soggetti informati hanno giustamente attribuito i loro cambiamenti viscerali all' adrenalina, mentre i disonformati li hanno attribuiti alle lodi (o alla pignoleria dello sperimentatore) traendone come conseguenza il fatto che fossero in un caso gioiosi e nell' altro arrabbiati.
Perchè vi ho fatto tutta questa tomella?
Perchè mi è venuta in mente una possibilità che trovo semplicemente spaventosa: e se fosse sempre così? Se ciò che facciamo venisse sempre prima di ciò che pensiamo, vogliamo, sentiamo?
Se non fosse il fatto che mi sto innamorando a farmi fare un sacco di carinerie, ma fossero le carinerie che io stesso faccio a farmi innamorare?
Se non fosse la passione a spingermi a studiare come un matto, ma fosse il fatto che studio come un matto a far si che mi senta appassionato di una data materia?
Se insomma tutto ciò che proviamo, sentiamo e viviamo fosse semplicemente il frutto di comportamenti che mettiamo in atto chissà poi perchè?
Allegri, sono tornato! :)