Se mi chiedeste a bruciapelo chi è il mio autore italiano preferito, direi sicuramente Calvino. Amo tutto Calvino, dai lavori giovanili alle tematiche più "seriose" della maturità, adoro il Calvino del "Barone Rampante" tanto quanto quello cervellotico di "Se una notte d' inverno un viaggiatore".
L' altro ieri ho ripreso in mano "Il sentiero dei nidi di ragno", il suo primo romanzo (non solo il primo pubblicato, ma proprio il primo che ha scritto). Per i pochi che non lo sapessero è un romanzo che (non) parla della Resistenza. Scrivo (non) parla perchè, in realtà, il sentiero è la storia di Pin, un bambino (o meglio un discolo) dei carrugi, invecchiato precocemente dall' abbandono dei genitori, dalla sorella prostituta, dalla povertà, dal lavoro, in una parola dalla strada. Quasi per caso Pin si trova in collina con i partigiani, e non con una brigata qualsiasi, ma con la brgata alla quale il comitato assegna gli elementi peggiori, quelli con meno coscienza di classe, o che che creano problemi, o solitari, o banditi che sono saliti in collina solo per sfuggire alla polizia.
Calvino (non oggi ma pochissimi anni dopo il 45), scrive di partigiani brutti, sporchi e se non cattivi quantomeno non angeli, non eroi; guarda un po' Calvino parla di uomini che facevano i partigiani, uomini che combattevano, alcuni assetati di sangue, altri schifati dalla morte, tutti disperati e insieme speranzosi.
Questo testo dovrebbe oggi, oggi che "il sangue dei vinti" sembra cancellare il sangue dei vincitori (che poi vincitori di cosa, a guerra finita, sotterrate le armi, tutti tornati a fare il contadino, il meccanico, l' insegnante, al duro lavoro, ad una vita faticosa come quella di prima, ma almeno libera), essere letto in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, brani dovrebbero essere gridati nelle piazze il 25 aprile, interi paragrafi imparati a memoria e tirati fuori in dibattiti e convegni, tutti saliti sul carro di chi prima e più dice che la resistenza e la post- resistenza hanno avuto lati oscuri.
Certo che li ha avuti, Giampaolo (uno a caso, eh), perchè la resistenza è stata una guerra civile, e come tutte le guerre (e le guerre civili in particolare) ha fatto schifo, ha portato morte, dolore, distruzione, orfani, vedove, figli che hanno abbracciato la terra prima dei loro genitori, odi, rancori, sangue che gridava vendetta; ed ha portato anche approfittatori, agitatori, banditi, ladri.
Ma vedi Giampy (per dire, eh) ci ha portato anche la libertà, ci ha portato anche la democrazia, ci ha portato la Repubblica. E il fatto che alcuni (molti, pochi, quasi tutti ? Tu lo sai Giampaolo ? Lo sai con precisione ?) non pensassero alla democrazia mentre dormivano all' addiaccio, preoccupati per le proprie famiglie rimaste al paese, mentre facevano i turni di guardia per paure delle sortire dei nazifascisti, non pensassero alla democrazia ma ad un regime comunista non svilisce il fatto che anche il loro sangue ("il sangue dei vincitori") è stato versato per avere ciò che ora abbiamo.
Vorrei concludere lasciando la parola a Calvino, ed alla sua prefazione della fine dei 60 al "Sentiero":
"[...]Già nella scelta del tema c' è un ostentazione di spavalderia quasi provocatoria. Contro chi ? Direi che volevo combattere contemporaneamente su due fronti, lanciare una sfida ai detrattori della Resistenza e nello stesso tempo ai sacerdoti d' una resistenza agiografica ed edulcorata.
Primo fronte: a poco più d' un anno dalla Liberazione già la "rispettabilità ben pensante" era in piena riscossa, e approfittava d' ogni aspetto contingente di quell' epoca- gli sbandamenti della gioventù post-bellica, la recrudescenza della delinquenza, la difficoltà di stabilire una nuova legalità - per esclamare "Ecco, noi l' avevamo sempre detto, questi partigiani, tutti così, non ci vengano a parlare di Resistenza, sappiamo bene che razza d' ideali..." [...]"Ebbene[...]non rappresenterò i migliori partigiani,, ma i peggiori possibili[...]anche in chi è stato gettato nella lotta senza un chiaro perchè ha agito una elementare spinta al riscatto umano [...]" [...]La battaglia sul secondo fronte:[...]il pericolo che alla nuova letteratura fosse assegnata una funzione celebrativa e didascalica, era nell' aria: quando scrissi questo libro l' avevo appena avvertito, e già stavo a pelo ritto, a unghie sfoderate contro l' incombenza di una nuova retorica[...]La mia reazione d' allora potrebbe essere enunciata così:"Ah, sì, volete l eroe socialista ? Volete il romanticismo rivoluzionario ? E io vi scrivo una storia di partigiani in cui nessuno è eroe, nessuno ha coscienza di classe[...]"
Ecco, ne eroi ne orchi, ne santi ne peccatori: uomini che combattevano spinti da "una elementare spinta al riscatto umano", quella che non tutti hanno avuto, quella che i fascisti e i nazisti reprimevano, quello che li rende diverse dalle camicie nere e brune che combattevano.
E leggetevi "Il sentiero" !!