martedì 30 settembre 2008

Teoria del Normalismo (2)

Dopo un weekend lungo a "casa Unodicinque" eccomi di nuovo qui, nella mia casetta virtuale a continuare la mia "monografia" sul Normalismo.

Una premessa per meglio comprendere quanto segue: come in tutti i gruppi sociali, anche fra amici accade spesso di utilizzare un lessico particolare, adoperando parole comuni con accezioni particolari, tipiche di quel dato gruppo: in particolare in questo caso è da spiegare l' uso del termine "maschera". Per noi "maschera" indica una persona tristissima, o una situazione difficile, atta a rendere tristi le persone, per esmpio "Eh, mi ha lasciato la donna" "Sei una maschera !" oppure "Hai visto che il manuale di psicopatologia ha 1200 pagine?" "Mascheraaaa!!!". Tutto nasce dalle due tipiche maschere greche, quella felice e quella triste, ed in particolare quest ultima, che con la bocca all' ingiù e il taglio d' occhi depressissimo è la rappresentazione migliore della disperazione più vera (il tutto ha, ovviamente, anche un certo tono scherzoso).

Detto ciò: come si diventa Normalisti ? La risposta esatta è che Normalisti non si diventa, si è. Però bisogna rendersene conto. Ed ecco che si arriva alla teoria "dialettica" del Normalismo. Inizialmente il giovine Normalista non ha la più pallida idea di chi o cosa è, egli è del tutto ignaro dello stigma che lo segna, il pirla è contento di piacere a mamme,papà, professori, nonne e adulti in genere, insomma a tutti coloro che non sono suoi coetanei (salvo rarissime eccezioni); il soggetto in questione è, in questo momento, una sagoma. La sagoma è il livello più basso del Normalismo, agli occhi del mondo dei coetanei la sagoma è ciò che il nome suggerisce: un oggetto indistinto, spesso poco considerato, qualcuno che si confonde nell' ombra, e che nell' ombra (almeno coi coetanei) vuole rimanere. Un bel giorno però la nostra sagoma (diciamo intorno ai 15 anni), comincia a chiedersi il come ed il perchè di alcune cose: perchè i miei amici limonano e io no ? Perchè i miei amici vengono invitati alle feste e io no ? Perchè la biondina del terzo banco non mi caga di striscio mentere adora il coatto antico della V B? E lì la sagoma, che come tutti i Normalisti è tutto fuorchè stupido, capisce e si dice come Cristo sulla croce "Abba, abba, perchè mi hai fatto Normalista ?", capisce di essere una sagoma, e proprio in quel momento, come per magia, diventa una maschera.
E' questo il momento più brutto della vita del Normalista, egli ha capito di essere tale, e da giovine nullità quale è non lo accetta, ma essendo Normalista si guarda bene dal cambiare se stesso: preferisce farsi crescere i capelli, cominciare a vestire come un derelitto e ostentare modi da nouvelle Diogene Cinico. Come risulta ovvio anche al lettore meno smaliziato queste contromisure non servono ad un emerita minchia, se non a portare il soggetto in questione ad essere ancora più inviso a chiunque, specie perchè questa ameba con quattro arti pensa sinceramente di essere tra le dieci persone migliori del mondo. Finchè.
Finchè la maschera non conosce altre maschere come lui, e raggiunge una consapevolezza importante: essere Normalisti non è necessariamente una croce, può anzi essere una benedizione, perchè vuol dire avere un punto di vista molto particolare sul mondo, vuol dire di solito avere un' intelligenza brillante e una dose di autoironia da vaccinare un elefante contro molte delle brutte situazioni della vita. E nel momento in cui comprende tutto questo, una beatitudine profonda entra in lui, ed egli diventa una macchietta, grado più alto e consapevole del Normalista. La macchietta è l' amico scoppiato della vostra compagnia, quello che ha sempre la freddura talmente tremenda che alla fine fa sganasciare, quello che con la sua imbranataggina vi intriga (dico per le donne eh !), la macchietta è insomma uno sfigato di successo.
Questo processo è però possibile solo se la macchietta decide di voler vivere dentro e non contro la società; perchè se la macchietta sceglie di continuare nell' isolamento della maschera, pur avendo una consapevolezza da macchietta, ecco che diventa la caricatura di se stesso.
La caricatura di se stesso è un Normalista che ha abbracciato il lato oscuro del Normalismo, è quello che pensa che il Normalista che scopa, che si diverte, che insomma vive una vita normale, senza rinnegare se stesso, è un venduto, uno che ha mollato, un nemico. Contro questo lugubre personaggio c' è una sola arma da poter utilizzare: la pesantissima e continua presa per il culo, se il caso ad libitum.

E con questo vi saluto alla prossima lezione, e ricordate: l' unico bastardo, sei tu che abbandoni il normalista che c' è in te.
LAVN (LEGA ANTI VIVISEZIONE NORMALISTI)

venerdì 26 settembre 2008

Teoria del Normalismo(1)

Se dovessi spiegare cos è il Normalismo, in quanto categoria del sapere, mi troverei spiazzato. E' una teoria filosofica, è un' ipotesi sociologica, è un modo di essere, una categoria dello spirito, è una filosofia di vita e molto altro. Ma è soprattutto il frutto più sofferto e ragionato di una piccola combriccola di cazzoni perdi tempo che, all' epoca della nascita del Normalismo, aveva preso una sbandata per un ottimo bar tipico catanese dalle parti di piazza Bologna e passava in tale ameno luogo lunghi pomeriggi improduttivi fra cassate (badate bene cassate), arancini, granite di mandorle e chiachiere sul niente. Approfondendo il contesto potrei aggiungere che l' età dei padri fondatori del Normalismo "spaziava" fra i venti ed i ventidue anni; questi saggi dottori della deficienza agonistica, della lullaggine estrema, erano all' epoca alle prese con un problema grandissimo, una mancanza insormontabile, un vuoto esistenziale di enorme portata: scopavano di molto, ma di molto poco (per la cronaca: alcuni hanno migliorato, altri rimangono in questa loro condizione di carenza) si può quasi dire per niente. Ed i nostri furbacchioni, per risolvere il loro problema, lungi dal cominciare a vestirsi da persone civili, mettere il capino in qualche locale, e darsi da fare per rimediare un po' d' amore ("fosse pure ancillare", diceva Guccini in "Bologna") non trovavano di meglio che (per l' appunto) ingrassarsi a forza di cannoli, e chiedersi in maniera inconcludente perchè tale carenza di donne. Ed essendo una bella banda di "sfigati" (modalità Goonies con puntate nel classico imbranato dei film anni '80) da sempre, ed avendo ormai capito che il loro ruolo nella società era, diciamo così, "marginale", trovavano proprio in questa loro "marginalità" la spiegazione delle loro sofferenze. Ecco, queste le fondamenta del Normalismo.
Alla base del Normalismo c' è una considerazione sociologica: fino agli anni novanta circa, la sottocultura giovanile, era tendenzialmente divisa lungo un asse bipolare, di lettura abbastanza semplice, l' esempio più tipico è quello degli anni settanta, oppure monopolizzata (più o meno eh, si parla per generalizzazioni da bar!) da una "vague" particolare (i "paninari" negli anni ottanta, sebbene anche loro avessero i loro rivali nei dark e nei punk); con gli anni novanta tutto cambia, la sottocultura giovanile diventa "le" sottoculture giovanili, e piano piano si vanno formando sempre più "sottomode", con i loro comportamenti, i loro dress code, insomma le loro peculiarità: i metallari, i truzzi, le zecche, gli "hip-hoppettari", i pariolini, i punkettoni, i punkabbestia ecc. ecc. La caratteristica di questi gruppi è che al loro interno vige una "norma", e più ci si adegua a questa "norma" più si è ben accetti, ne consegue che la "normalità", pur essendo relativa all' interno di ogni gruppo, è il gold standard di chi appartiene a queste sottoculture. Ma cosa succede ai "normali" generici ? I "vecchi normali" ? Succede che non sono più normali, perchè la loro normalità è al di fuori di un gruppo sociale, è un adeguarsi ad una norma che non esiste più, è "stranezza" proprio a causa di questa loro normalità. Troppo precisi per le zecche, troppo zecche per i pariolini, troppo tranquilli per i punkabbestia, troppo estremi per i "tranquilli". E quindi ? Quindi non sono più normali, ma "Normalisti": alla ricerca di un appartenenza ad un gruppo esteso, un gruppo che ha confini mobili, e che costringe a valutare a fondo ogni singola persona, perchè non ha norme di riferimento.


Finisce quì questa sproloquiante prima puntata sul Normalismo, che mi vede a sudare sulla tastiera, cercando, chissà poi perchè, di sistematizzare un intero mondo interiore nato fra mille risate un' estate di qualche anno fa, che però non ha perso nulla di ciò che vi vedevo allora.

giovedì 25 settembre 2008

Effetto Excell


Sappiate che se il post di oggi si riduce a poche righe, la colpa è nell' ordine: della prof. che mi ha assegnato la tesi, che piazza un incontro nel quale dovevo fare assolutissimamente bella figura alle dieci di mattina dall' altra parte di Roma, di Excell, sul quale ho passato una mezza dozzina di ore, e che mi fa vedere tutto il mondo a retangolini, dei trasporti pubblici di Roma ,
della Krav Maga e di Gigante e Serpente, i due insegnanti, che oggi ci avranno affibbiato almeno 50 flessioni di punizione :)! Che stanchezza ! A domani per il Normalismo e la Krav Maga !

mercoledì 24 settembre 2008

I film della Rigenerazione X


Ci sono film che hanno "fatto" la generazione X, film che ne hanno parlato ("Risky Business", "The breakfast Club", "Top Gun" , rispettivamente '83, '85 e '86), per lo meno per il suo versante più "eighty" (pensiamo che il personaggio di "Maverik" in Top Gun doveva avere circa una ventina d' anni nell' ottantasei, quando il film fu girato, per cui era della classe '66) e film che l' hanno criticata (specialmente negli Stati Uniti, dove buona parte di questa generazione ha coinciso con quella degli yuppie) come "Wall Street" con Micheal Douglas ('87). Film a loro modo "classici", film che pressochè tutti hanno visto almeno una volta nella vita; ma come descrivono questi film i venti-trentenni dell' epoca ? In "Risky Business" e in "Top Gun" come giovani arrivisti disposti a sacrificare tutto per il successo, come giovani ideologicamente spiantati e confusi (benché consapevoli dei propri mezzi) in "The Breakfast Club" e come sedotti dal potere ma ancora in grado di redimersi (solo però con la spintarella dell' FBI) in "Wall Street". Quasi contemporaneamente a questi film ne uscivano altri, che non parlavano dei giovani adulti, ma dei bambini e dei ragazzi di quegli anni, in particolare penso a tre film, che ognuno dei ragazzi che hanno circa la mia età conoscono quasi a memoria: "ET" ('82), "La storia infinita ('84) e "I Goonies" ('85) (chi li ha riconosciuti dietro al titolo del blog ?). E come sono questi bambini ? Cosa accomuna i protagonisti di questi tre film ? Sono tutti, irrimediabilmente, dei perdenti. Pochi ma buoni amici, una generico disinteresse per il mondo che li circonda, un interesse molto maggiore per il "proprio" mondo, costruito nella fantasia o con le persone che sono loro accanto. Non solo, questi bambini sono spesso vittime dei più grandi, degli yuppie (in questo particolarmente indicativo "I Goonies"), di personaggi che potrebbero essere i protagonisti dei film citati più sopra. Questi bambini però puntualmente, inesorabilmente direi, diventano attori di eventi importanti, eventi che li riscattano, "momenti di gloria". E dopo, dopo che l' avventura è finita, dopo che tutto è tornato alla normalità, lungi dal raggiungere la popolarità, dall' appiattirsi su le persone che li circondano, rimangono quello che sono, solo consapevoli di quanto valgono, diventano quello che è secondo me un personaggio fondamentale della mia generazione, quello che una volta una persona che amo molto ha definito "uno sfigato di successo". Insomma questi bambini erano dei normalisti in erba, ma il normalismo è un capitolo a parte...

martedì 23 settembre 2008

JJ


Non vivo da solo. Come molti altri studenti fuori sede ho un coinquilino, o meglio, una coinquilina. Solo che la mia coinquilina ha caratteristiche un po' particolari: è mia parente, non studia all' università e, soprattutto, ha ottant' anni. E' mia nonna (paterna). E non è una nonna normale, è una nonna romana. Dire che somiglia alla Sora Lella sarebbe eccessivo, ma diciamo che siamo da quelle parti. Amore smisurato per la cucina tipica (romana e solo romana), conoscenza globale della saggezza popolare romana e ciociara e la convinzione di possedere la verità assoluta su qualsivoglia argomento, dall' uso del parmigiano nel brodo all' eutanasia, passando dai nodi delle cravatte. Per quanto riguarda il primo punto, niente da dire, anzi ! Le leccornie difficilmente mancano al nostro desco, solo che la vegliarda non ha idea del concetto di "cucina stagionale": storiche le sue trippe ad agosto, o i fagioli con le cotiche il 15 di luglio; la controparte è la pasta fredda a dicembre, ma questo è ancora un altro capitolo. Il secondo ed il terzo punto sono in realtà collegati, nel senso che il suo punto di vista, che si rivela essere il solo valido al mondo, deriva in via diretta dalla saggezza popolare, con punte quali: "io me conservo la moglie a letto, tu la sciupi pe le fratte" (quando, a suo avviso, faccio un uso poco parsimonioso di risorse, dal telefono al provolone, che lei invece usa con oculatezza) o "se te magna un lupo sta tre giorni a cagà stracci" (quando esco vestito in maniera troppo pesante, ovviamente secondo il suo parere), per non parlare delle operette morali quali "chi caga tra la neve presto si scopre", "chi più spende meno spende" e "gnea gnea po ce sguazzea" (sono disponibile per la traduzione di quest ultimo...), solitamente preceduti da un fastidiosissimo, ma non per questo meno adorabile "non sai che...". Ora questa signora d' altri tempi (in più d' un senso) non poteva che diventare un mito assoluto tra i miei amici. Uno dei quali le ha affibbiato il soprannome che da il titolo al post, in onore di JJ Jameson, capo redattore del giornale dove lavora Peter Parker-Spiderman; ora tra i due vi sono molte somiglianze: entrambi sono brizzolati, entrambi fumano come turchi (mia nonna sta sui due pacchetti al giorno) ed entrambi hanno una voce potente ed incline ad alzarsi. Ma l' episodio che le ha regalato l' impareggiabile soprannome col quale è ormai conosciuta in tutta la cerchia delle mie amicizie è uno in particolare: una sera, intorno a 00:30, Andrea pensa bene di chiamarmi, ma avendo nella rubrica le voci F. casa ed F. cell ovviamente attaccate, sbaglia e chiama a casa, ovviamente JJ risponde con una voce da paura intimandogli un secco "Che c' è?",Andrea, voce intimorita "C' è F. ?" e la soave e canuta nonnina "F. un cazzo !!!!!". Questa è JJ!

lunedì 22 settembre 2008

Perchè "Rigeneration X" ?


Forse è il caso di spiegare, di spiegarsi. Perchè un titolo così scemo, o lo spieghi, o ne subisci passivamente le conseguenze ! Ora, prima di diventare un luogo comune, un modo di dire, l' espressione "generazione X" è stata usata dai sociologi (inizialmente in Inghilterra) per indicare quella generazione nata dopo il "baby boom", che comprende genericamente i nati tra il 1960 e il 1980. Teoricamente le caratteristiche principali di questa generazione erano il cinismo, l assenza di ideologie (ed idee) forti, la passività, l' apatia...era insomma considerata una bella generazione di merda (senza offesa eh), specie se paragonata alla generazione precedente (diciamo 1940-1950), gente insomma, quest ultima, che nel '68 aveva dai 28 ai diciotto anni, gente che al massimo ne aveva 37 nel '77, gente che, in definitiva, ha vissuto con piena cognizione alcune delle pagine più importanti, belle e brutte, della seconda metà del '900. Orbene, ribaltando arditamente questo concetto io credo, invece, che la generazione X sia stata una grande generazione; e questo proprio a causa dell' assenza di ideologie ed idee forti, una generazione che, almeno a livello di idee, è venuta su dal niente, dei self-made brain insomma ! E se questo è vero per uno nato nel '70, cosa si deve dire di chi, come me, è nato nell' 84 ? Io e tanti altri come me avevamo cinque-sei anni al crollo del Muro, e otto durante la prima guerra in Iraq: noi siamo la generazione post-ideologica per eccellenza, quelli insomma che non hanno avuto l' appoggio di una religione forte, del marxismo, del liberalismo borghese cattivo (nel senso di forte e strutturato), del post(e neo)-fascismo di prima generazione, gente che ha dovuto imparare (con alterne fortune intendiamoci !) a leggere il mondo senza mappe di sorta, senza lenti. Però, a differenza della generazione X, noi della Rigeneration X, abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di partire davvero da zero, visto che certe pagine, non solo non le abbiamo vissute con cognizione, ma non le abbiamo vissute affatto. In definitiva, qualsiasi cosa se ne dica, a me piace la mia generazione, e cercherò di far vedere, quì e la, che non siamo da buttare via.

Per questo post e queste idee devo ringraziare innanzitutto un libro, "Generazione X" di Douglas Coupland, che mi ha aperto gli occhi su una generazione, anzi due, che sembrano fatte apposta per essere bersagliate; un libro che mi sento di consigliare vivamente a tutti !

"Scusi, ha da accendere ?"


Sì, non è la prima volta che mi danno del lei, il problema è che non è neanche la seconda, o la terza:temo di essere entrato ampiamente in doppia cifra. Non è un dramma, certo, però all' antivigilia del tuo ventiquattresimo compleanno, quasi Dottore in Psicologia, e con alcune riflessioni di carattere generazionale (da cui il titolo del blog) alle spalle, sentirsi dare del lei da un ragazzino di diciassette anni, un certo effetto lo fa ! Insomma, uno è al bar che si beve un caffettino con Sandro, parlando come sempre dei massimi sistemi, degli ultimi film usciti e di donne, cercando di non pensare che dopodomani, oltre ad avere un esame, compie gli anni, ed ecco che questo mucchietto d' ossa ti ricorda che ti si vede in faccia che non sei più un ragazzino ! Un rapido sguardo al vestiario di entrambi: io pantaloni di velluto a coste beige (definizione politicaly correct:casual, definizione corrente:abbastanza brutti), maglietta della Levi's con stampata sopra una cassa (non da morto eh, una cassa da impianto stereo), e scarpe di tela marroni, non all' ultima moda, certo, ma neanche un completo da pensionato; Sandro come sempre vestito maluccio, ma niente che lo collochi sopra i trenta. Ne deduco, in un lampo, che il mucchietto d' ossa non ci ha dato settant' anni in due, ci ha probabilmente collocato nella nostra giusta fascia d' età. E allora ? Allora semplicemente il ranocchio pensa che, a due tizi seduti al bar , che dimostrano la loro venticinquina d' anni, si da del lei, collocandoli così in un mondo diverso dal suo, un mondo fatto essenzialemente da adulti. Un dramma ? No di certo. Solo un altro segnale che la campanella è suonata, la ricreazione è finita ed è ora di mettersi a lavorare.